venerdì 15 giugno 2012

Una donna alla guida della parrocchia

Non può celebrare la messa vera e propria o confessare ma può tranquillamente proclamare le sacre scritture e commentarle con una breve omelia e talvolta impartire anche il battesimo. Mentre la diocesi di Piacenza-Bobbio è impegnata nel dibattito sui referenti parrocchiali, le figure laiche che dovranno animare le parrocchie senza preti, dal Brasile arriva la testimonianza di Giuseppina Fiorani, la prima donna piacentina a guidare una parrocchia. Nata a Pontenure 77 anni fa da genitori di San Rocco al Porto, cresciuta spiritualmente in Azione Cattolica, ha lavorato nel ramo amministrativo della facoltà di agraria dell'Università Cattolica del Sacro Cuore con responsabilità sugli acquisti delle forniture e contabilità fino al 1994, quando è andata in pensione. «Potevo andare avanti ma sentivo di aver bisogno di qualcosa d'altro» racconta nel suo breve periodo di riposo che sta trascorrendo a Piacenza. «Così decisi di fare un viaggio in Brasile con il Centro Missionario Diocesano - prosegue -. Da allora sono tornata in Brasile tutti gli anni per una sorta di vacanza alternativa. Fino a quando mi hanno prospettato di aiutare don Giancarlo Dallospedale, con il quale lavoro anche oggi». Le assegnarono l'amministrazione del seminario minore di Boavista, nello stato di Roraima, con 25 ragazzi. «Avevo giurato di non occuparmi più di conti, ma è andata così... - sorride -. Sono stata lì dal 2002 fino al 2006. Era una cosa singolare che ci fosse una donna, laica, ad occuparsi dell'amministrazione ma sono stata accolta molto bene anche dal vescovo locale». Nel 2006 sono usciti i primi preti e il seminario minore è passato sotto la guida di un sacerdote brasiliano. Ma la missione non era terminata. «Sono passata ad animare una "parrocchia" della grande area rurale di Cantà affidata a don Dallospedale. Un'area con una superficie pari all'incirca alla nostra Emilia, formata da foreste e villaggi sparsi. In tutto gli abitanti fissi sono 17-18mila. Poi ci sono le comunità nomadi. La gente vive di manioca, fagioli o riso. Gli appezzamenti più fertili sono presi di mira dai grandi fazenderos. In quest'area ci siamo solo don Giancarlo ed io, anche se don Carlo Roberti ci aiuta a livello di formazione permanente». Nell'area di Cantà sono stati costruiti dei piccoli centri pastorali: «Il primo a Felix Pinto, dove abbiamo realizzato una chiesa, una canonica e una foresteria. Poi a Vila Centrao, infine a Cantà, dove ora manca la chiesa. Tutto realizzato con i soldi donati dai piacentini, in particolare con quelli di una benefattrice usati per costruire ben due centri pastorali su tre». Giuseppina è responsabile dell'area missionaria di Vila Centrao, in prevalenza abitata da popoli indigeni usciti dalle riserve. Fa catechismo, celebra la Parola senza dire la messa ma potendo commentare le sacre scritture, impartisce il sacramento del battesimo che successivamente deve essere "ratificato" da un sacerdote, porta un conforto misericordioso alle famiglie: «Perchè non siamo tanto noi quanto la misericordia di Dio ad agire». «Non sono una suora, sono laica e ci tengo a dirlo - evidenzia Giuseppina -. Perchè la Chiesa non è fatta solo di preti e di suore. Vi possono partecipare tutti, con il lavoro di ogni giorno. Con il prete c'è un dialogo e un rapporto diverso, è vero, ma la popolazione locale ha imparato a vedermi come una di loro. I bambini mi chiamano o mamma o nonna a loro scelta». Quando ci sono problemi nelle comunità, Giuseppina è il punto di riferimento. Bambini e donne sono i più sfruttati, dal punto di vista lavorativo ma anche sessuale: «Io cerco di intervenire tentando di costruire un rapporto di fiducia». Un modello brasiliano che, con gli opportuni adattamenti, si sta cercando di importare anche in diocesi di Piacenza-Bobbio. «Non solo è giusto affidarsi ai laici - è convinta Giuseppina - ma penso che ciò sia già nella concezione di Chiesa. Nostro Signore ha tirato su dei pescatori ed erano laici. Ognuno poi ha il suo ministero». Ancora: «Non mi è mai venuto il desiderio di essere suora o prete, sono così come sono. E devo dire anche che la cosa più importante che guardano è la mia testimonianza. Io posso dire che bisogna essere bravi e generosi, ma la gente prima di tutto guarda se io lo sono».
Federico Frighi

06/05/2012 liberta